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Quando si parla di dieta chetogenica e sport di endurance come il ciclismo, la corsa o il nuoto la reazione più comune è: “Impossibile, senza carboidrati non si pedala!”.
In parte è vero: i carboidrati sono il carburante principale per sostenere lavori ad alta intensità, scatti, salite impegnative e gare. Per questo motivo, una chetogenica stretta durante la stagione agonistica può diventare un limite per la performance.
Ma… la chetogenica non è solo bianco o nero, e soprattutto non deve essere applicata in qualunque momento dell’anno.
Dipende sempre da quale vuole essere il nostro obiettivo.
Questo regime può avere senso durante il periodo autunnale, classico momento di transizione e di stacco, quando l’atleta riduce i volumi e l’intensità degli allenamenti e dove non si lavora più a medie/alte intensità ma dove l’obiettivo può essere quello di lavorare eventualmente sulla riduzione del peso e della massa grassa.
In questo contesto, una dieta chetogenica può avere senso:
• abitua l’organismo a utilizzare meglio i grassi come fonte energetica,
• favorisce il dimagrimento,
• aiuta a ridurre la dipendenza costante dai carboidrati.
Di seguito viene riportato uno studio abbastanza recente (The Effects of a Ketogenic Diet on Exercise Metabolism and Physical Performance in Off-Road Cyclists) che ha cercato di determinare gli effetti di una dieta chetogenica a lungo termine con ridotto tenore di carboidrati ed elevato contenuto di lipidi, principalmente grassi polinsaturi, sulla performance aerobica di ciclisti impegnati in gare di Mountainbike. Lo studio ha analizzato un campione ridotto costituito da 8 ciclisti, tutti agonisti con almeno otto anni di allenamento alle spalle e una VO2max di almeno 55 mL/kg/min (la VO2max misura la massima quantità di ossigeno utilizzabile per unità di tempo da un individuo: il valore prescelto è tipico di soggetti ben allenati). Lo studio è stato condotto durante il periodo di preparazione alla stagione agonistica ed è stato suddiviso in due parti/fasi. In una prima fase/parte, un gruppo è stato sottoposto ad una dieta mista e l’altro ad una dieta chetogenica per 4 settimane e, nell’arco dei tre giorni successivi, sono stati condotti i test per la valutazione delle performance. Dopo i test eseguiti per questa prima fase, i gruppi sono stati invertiti e si è proceduto ad un nuovo periodo di lavoro, sempre di 4 settimane, per poi valutare il rendimento a parti invertite. Gli allenamenti durante le quattro settimane prevedevano un volume di lavoro elevato, con intensità media. Tra un blocco di lavoro e l’altro, i ciclisti hanno avuto una settimana di recupero con dieta libera da restrizioni.
I test sono stati eseguiti utilizzando un cicloergometro (cyclette da laboratorio) con valutazione della capacità massima di lavoro, dell’utilizzo di ossigeno (VO2, mL/kg/min), dell’eliminazione di anidride carbonica (CO2) e, tramite test sul sangue capillare, della concentrazione ematica di acido lattico e della soglia del lattato (valore che indica lo sforzo massimo che l’organismo può sostenere senza accumulare lattato). Tramite analisi del sangue sono stati valutati insulina, testosterone, colesterolo totale, lipoproteine HDL e LDL, glucosio a riposo, acidi grassi liberi e β-idrossibutirrato, uno dei corpi chetonici che si formano durante la dieta chetogenica.
La dieta per ognuno dei soggetti è stata accuratamente stilata in modo da avere un medesimo apporto calorico, adeguato al lavoro, con diversa ripartizione dei macronutrienti: per la dieta mista i macro erano 50% carboidrati, 30% grassi e 20% proteine; mentre per la chetogenica si aveva 70% grassi, 15% proteine, 15% carboidrati. Notevole attenzione è stata posta alla natura dei grassi utilizzati, soprattutto mono- e polinsaturi con un rapporto tra omega 3 e omega 6 mantenuto all’incirca intorno a 1:3.
Quali sono i risultati dello studio?
• Il peso corporeo, l’indice di massa corporea (BMI) e la massa grassa dei soggetti in chetogenica risultano decisamente inferiori (per la massa grassa si passa da un 14% dei soggetti in dieta mista all’11% di quelli in chetogenica). Nei soggetti in chetogenica si osserva anche un miglioramento del profilo lipidico, soprattutto a carico dei trigliceridi, diminuiti, e delle lipoproteine HDL, aumentate (il colesterolo “buono”).
• La dieta chetogenica aumenta decisamente il contributo degli acidi grassi liberi alla produzione di energia specie durante i primi 90 minuti di lavoro con intensità media. Nell’ultima fase, ad elevata intensità, l’utilizzo dei grassi è inibito dalla glicolisi, come evidenziato da un deciso aumento della produzione di acido lattico. In definitiva in chetogenica si registra un incremento significativo del metabolismo dei lipidi;
• Come visto in altri studi si registra un aumento della VO2max e della soglia del lattato nei soggetti in chetogenica: il primo dato lo si spiega per la maggior richiesta di ossigeno necessaria per i processi ossidativi in queste condizioni, mentre il secondo dato è più difficile da spiegare e potrebbe essere dovuto sia ad una minor produzione di acido lattico per la ridotta entità dei processi glicolitici, sia ad un ridotto passaggio di lattato nel flusso ematico dovuto alla riduzione delle capacità tampone del sangue, con conseguente calo del pH e riduzione dei livelli di bicarbonato, che si accompagna alla dieta chetogenica. L’aumento della capacità aerobica potrebbe essere dovuto anche agli aumentati valori relativi a globuli rossi, ematocrito ed emoglobina che gli autori suggeriscono siano dovuti agli effetti ergogenici degli omega 3 sulle membrane degli eritrociti e sulla viscosità del sangue, con miglioramento della capacità di trasporto dell’ossigeno ai muscoli sotto sforzo;
• Il miglioramento della capacità aerobica, rilevante per lavori di media intensità, è tuttavia accompagnato da una riduzione della potenza a intensità elevate per i soggetti in chetogenica: questo calo è imputabile sia alla riduzione delle scorte di glicogeno accompagnata da riduzione dell’attività degli enzimi glicolitici. Il lavoro di alta intensità e lo scatto finale risultano compromessi dalla chetogenica.
In conclusione, cosa ci dice lo studio? La prima indicazione è che la dieta chetogenica può essere utilizzata durante la fase di preparazione atletica, con alti volumi di lavoro a intensità moderata, per stimolare e incrementare il metabolismo dei grassi, migliorare la composizione corporea e ridurre il danno muscolare dovuto all’esercizio.
La chetogenesi non è invece utile, anzi risulta controproducente, durante la stagione agonistica: la chetogenica riduce infatti la capacità di lavoro ad elevata intensità.
Si tratta di uno studio su pochi soggetti, e quindi limitato, ma ben progettato ed eseguito e le conclusioni paiono confermare quanto emerso da lavori precedenti. La dieta chetogenica ha un ruolo nella fase di preparazione di sport di endurance come ciclismo, mountain bike, corsa e triathlon: nella stagione di gara, tuttavia, è meglio affidarsi a diete con un contenuto di carboidrati decisamente elevato.
Non si può dire la chetogenica non è “la dieta del ciclista”, ma può diventare uno strumento utile se applicata nel momento giusto.
In gara e in allenamento intenso restano fondamentali i carboidrati, ma nei periodi di scarico la chetogenica può avere un ruolo interessante nella gestione del peso e nell’adattamento metabolico.