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Avere un alto VO2max è essenziale e per le prestazioni di lunga durata.
E’ ovvio che più in alto mi posso spingere come intensità facendo affidamento sul metabolismo aerobico, tanto più potrò mantenere quella data intensità.
Per migliorare le nostre capacità di endurance, quindi, oltre che puntare sul volume a medio-bassa intensità, dobbiamo accumulare quanto più tempo possibile in questa zona di potenza che coincide con la nostra massima potenza aerobica.
Via libera quindi a tutti i lavori HIT (high intensity training, ovvero > LT2/MLSS/Soglia Anaerobica).
Ma vi siete mai chiesti quali sono, sulla carta, i più efficaci?
A parità di potenza target abbiamo principalmente due metodi per allenare la zona di VO2max: ripetute estensive a potenza costante, ad esempio le famosissime 5x3min 120%FTP, oppure gli ancor più celebri intermittenti, che consistono per chi non lo sapesse, nell’alternare brevi frazioni di tempo ad alta/altissima intensità ad altrettanto brevi frazioni di recupero, ripetendo questo lavoro generalmente su più serie.
Il vantaggio delle prime è sicuramente la maggior facilità di esecuzione; una volta raggiunta la potenza richiesta dall’esercizio, non bisogna far altro che mantenerla. La loro pecca è che essendo generalmente di medio-lunga durata (2/3/4min) generano fatica e quindi le ultime ripetute rischiano di non essere qualitative quanto le prime.
Il vantaggio delle seconde, seppur richiedendo non poco focus e attenzione all’esercitazione, consiste nel poter mantenere una qualità alta e pressochè costante tra le prime e le ultime ripetute.
Ma quali preferire?
Innanzitutto dobbiamo valutare il nostro fenotipo; glicolitico, aerobico o ibrido?
Ad esempio, un ciclista di fenotipo glicolitico dovrà partire con gli intermittenti (per lui più congeniali) e via via, seppur con molta difficoltà, preferire le ripetute estensive perché ci permettono di lavorare maggiormente sulla resistenza ad intensità costante. Mentre, al contrario, un atleta di fenotipo aerobico dovrà preferire gli intermittenti potendo così girare ad intensità più alte, con intervento del metabolismo anaerobico lattacido (glicolitico).
Ma il discorso non finisce qui. Ed è più complesso. Vi ricordate cosa ho detto all’inizio? Per alzare il VO2max dovremo passare quanto più tempo possibile in questa zona. QUESTA E’ UNA LEGGE UNIVERSALE PER LA BIOLOGIA APPLICATA ALL’ALLENAMENTO DI OGGI. Non si scappa.
Quindi? Quale metodologia dobbiamo preferire? Beh vi rispondo con una domanda: quale ci consente di accumulare più tempo in VO2max?
…
Bravissimi! GLI INTERMITTENTI!
Essendo frazionati da tanti recuperi, seppur brevi, ci consentono, come sottolineato precedentemente, di mantenere più a lungo una qualità adeguata! Le ripetute più lunghe al contrario ci affaticano precocemente facendo decadere prima la qualità richiesta dallo scopo dell’esercizio.
E’ una constatazione empirica che avrà notato qualsiasi appassionato cimentatosi in queste tipologie di allenamento, ma anche la ricerca scientifica è concorde con quanto vi sto dicendo.
Infatti, nello studio Ronnestad et al. 2020 i ricercatori hanno confrontato l’efficacia degli intermittenti e delle ripetute estensive a intensità costante somministrandoli a un gruppo di ciclisti elite.
Bene gli atleti allenati tramite intermittenti accumularono molto più lavoro in >90%VO2max rispetto che con le ripetute ad intensità costante.
Un dato interessante è che il carico di lavoro e la frequenza cardiaca nelle esercitazioni non subiscono variazioni tra le due metodologie, rendendoci ottimisti riguardo la sostenibilità nel tempo degli intermittenti.
Per oggi non mi resta che salutarvi, dandovi appuntamento al prossimo articolo dove parleremo di come organizzare le fasi ON e le fasi OFF negli intermittenti.